Carlo Rubbia diceva che la più grande forma di libertà è quella di potersi domandare da dove veniamo o dove andiamo.
Mi permetto di aggiungere che una forma di libertà è anche capire chi siamo stati per sapere come saremo e se la nostra storia sia correlata con i manufatti che abbiamo realizzato nel corso dei secoli. Ciò comporta lo studio della loro provenienza, che sicuramente può aiutare in questa ricerca della libertà.
Lo studio della provenienza dei manufatti è una branca dell’archeometria e, oltre a stabilire le antiche rotte commerciali, permette di corroborare l’eventuale autenticità di un manufatto.
Le metodologie con le quali è possibile effettuare gli studi di provenienza dipendono dai materiali analizzati. Per i materiali lapidei, ad esempio, gli elementi in traccia sono quelli che suggeriscono le provenienze e, dunque, è necessario utilizzare delle tecniche che arrivino a discriminare elementi presenti in minime quantità (parti per milione). La Laser Ablation Inductively Coupled Plasma Mass Spectrometry (LA-ICP-MS), è una di queste tecniche.
Sono quindi gli elementi in traccia che aiutano nella discriminazione della provenienza? Sì, sono proprio quegli elementi che sembrano trascurabili e invece sono una parte importante dell’analisi archeometrica.
Questo perché le antiche cave da cui si estraevano i materiali potevano essere caratterizzati da specifici elementi e questo permette oggi una conseguente valutazione della provenienza geografica.
Insomma, Rubbia aveva ragione se proviamo a comprendere il nostro passato per capire il presente e la piega che sta prendendo: avere la libertà di ricostruire la nostra storia attraverso le strade che abbiamo percorso, i materiali che abbiamo trovato, plasmato e commerciato può farci vedere meglio la strada che abbiamo davanti e la nostra ricerca di nuovi materiali, che è, in realtà, una esigenza molto antica dell’essere umano.
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