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Infinitamente piccolo: la microscopia per i Beni Culturali

Leonardo Da Vinci diceva che i dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio. Come si osservano i dettagli nella diagnostica per i Beni Culturali?


Che sia ottico o elettronico, il microscopio è l’alleato per eccellenza di un Conservation Scientist. Ovviamente, a seconda del livello di dettaglio a cui si vuole arrivare, si sceglie l’uno o l’altro, ma è buona pratica dare una occhiata conoscitiva ad un reperto con il microscopio ottico.



Per scovare piccole quantità, o tracce, che possono aiutare nella ricerca archeometrica, è a volte necessario arrivare persino ad una risoluzione a livelli di nanometro (l’occhio umano ha una risoluzione di circa 0,1 mm) ed è qui che si parla di microscopia elettronica. A seconda delle necessità, soprattutto dipendenti dalla tipologia di campione che si analizza, si può utilizzare il microscopio elettronico a scansione oppure a trasmissione.


Ma a cosa serve osservare così da vicino una superficie di interesse storico?


L’utilità delle osservazioni al microscopio spaziano dalla conservazione alla indagine della storia del manufatto. Il microscopio evidenzia la presenza di crack superficiali, fenomeni di corrosioni, difetti e imperfezioni dovute alla fabbricazione del manufatto. Associare l’analisi di imaging microscopica con quella quantitativa aiuta a completare il quadro diagnostico del Bene studiato.


Un diagnosta che sia un bravo Sherlock Holmes della materia sa che deve armarsi di tanta pazienza per scansionare grandi superfici per trovare quel dettaglio che permetterà – assieme ad archeologi, storici dell’arte e conservatori – di scrivere la storia del pezzo e garantirne una corretta conservazione.


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