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Diagnostica: quale valore aggiunto per il museo?


“Il prezzo è quello che paghi. Il valore è quello che ottieni.” Ci dice Warren Buffett e trovo questa affermazione particolarmente vera se penso a quanto si produrrebbe se ci fosse un laboratorio di diagnostica in ogni museo italiano.


Il problema della scienza, però, è che costa. E pure tanto. Non costano solamente gli strumenti – perché quello è un costo che si può ammortizzare nel tempo- ma costano soprattutto gli scienziati, che, pensate un po’, vorrebbero pure essere pagati. Per ottenere cosa, poi? Ricerca? Scienza? Conoscenza?


Un esempio di valore aggiunto dato dalla diagnostica lo fornisce il caso della Ragazza con l’orecchino di Perla del Rijksmuseum, analizzata nell’ambito del progetto Girl in the Spotlight. Durante l’acquisizione dei dati, il museo non ha limitato le visite, ma al contrario, ha permesso che i visitatori vedessero il lavoro pratico dei diagnosti sollecitando a rimanere informati sui risultati che si sarebbero ottenuti.


Detto fatto, non appena il progetto è stato completato sono stati pubblicati sia articoli scientifici che di divulgazione riguardanti le analisi effettuate sul meraviglioso quadro di Veermer. Ne hanno parlato telegiornali, radio, fogli di giornale.


Quindi? Il Rijksmuseum ha avuto un ritorno in termini di impatto mediatico a livello internazionale e non limitato solamente alla comunità scientifica direttamente interessata a metodi, metodologie e materiali analizzati.


Cosa potrebbe accadere se analizzassimo, studiassimo e divulgassimo ogni singola opera d’arte che abbiamo in Italia?


Il prezzo da pagare per un laboratorio scientifico è alto. Il valore di quello che si otterrebbe, però, sarebbe molto più alto.


https://www.youtube.com/watch?v=93kp3RKu1gg

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